IL REGIME DI VICHY: UN TEMA CHE DIVIDE ALL’INTERNO DEL FRONT NATIONAL

Florian Philippot, vice-président du FN et Jean-Marie Le Pen - © BFMTV
Florian Philippot, vicepresidente del Front National e Jean-Marie Le Pen – © BFMTV

A seguito del post pubblicato ieri su un possibile cambiamento di nome del Front National Continua a leggere “IL REGIME DI VICHY: UN TEMA CHE DIVIDE ALL’INTERNO DEL FRONT NATIONAL”

CAMBIAMENTO DEL NOME DEL FN. “LA DOMANDA MERITA DI ESSERE POSTA”, PER MARINE LE PEN

Vi offriamo nei paragrafi che seguono la traduzione di un articolo dell’Huffington Post.fr in cui si rilancia la notizia di un possibile cambiamento di nome del Front National. Non si tratta di una mera indiscrezione ma delle autentiche parole pronunciate da Marine Le Pen, che si è detta pronta a sottoporre la questione agli iscritti del partito. Questo tema è di estremo interesse poiché rappresenta una delle chiavi interpretative delle varie dinamiche interne che stanno scuotendo il partito della destra radicale francese. Da una parte infatti abbiamo i nuovi vertici dirigenziali, guidati da Florian Philippot, intenzionati a fare del Fronte Nazionale una forza politica di ispirazione maggioritaria sulla falsa riga dell’UMP e quindi capace di raccogliere voti, dopo lo sfondamento all’interno delle classi proletarie, anche nelle classi della borghesia medio-alta ancora legate al partito gollista ed attualmente scettiche se attribuire fiducia ad un partito ritenuto a tutt’oggi troppo estremista. L’avvicinamento ed il dialogo aperto con il capo di Debout La France Nicolas Dupont-Aignan, ex gollista, entra a pieno titolo nello spazio di questa strategia.
Allo stesso tempo, dall’altra parte la nuova schiera di giovani dirigenti frontisti deve fare i conti con i reduci della quarantennale opera politica compiuta dal partito. Jean Marie Le Pen si è detto infatti sconcertato dall’idea che il partito possa cambiare nome e che se tale cosa dovesse avvenire rappresenterebbe un tradimento degli ideali dei suoi fondatori.
E’ probabile comunque che dopo il congresso del partito del 29 novembre si saprà con più certezza quante siano le chances che una tale iniziativa diventi effettivamente realtà.

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19 ottobre 2014
FRONT NATIONAL – Marine Le Pen ha dichiarato domenica che la questione riguardante il cambiamento di nome del Fronte Nazionale « merita d’essere posta » e che gli iscritti potrebbero essere interrogati su una tale evoluzione « di qui a qualche mese ».
“Da qui a qualche mese, noi avremo la possibilità di interrogare i nostri iscritti su tutta una serie di temi, compresi temi politici, temi sull’organizzazione del FN” ha affermato la presidente del FN, presente alla conferenza di presentazione del collettivo “Audaces les jeunes actifs patriotes”.
Il cambiamento del nome “potrebbe far parte di un insieme di domande che gli potrebbero essere poste”, ha poi aggiunto.
Il capo delle fila frontiste conferma inoltre le proposte avanzate martedì dal numero due del partito Florian Philippot, che aveva rilanciato una consultazione degli iscritti sul cambiamento di nome del partito attraverso un questionario “molto probabilmente nel periodo che seguirà il congresso” (previsto per la fine di novembre a Lione). Jean Marie Le Pen aveva giudicato questa idea “stupida”, sentenziando che “il cambiamento di nome del FN è impensabile”.
Marine Le Pen si è detta allo stesso tempo “pronta a discutere con Nicolas Dupont-Aignan”. “E’ un patriota, su molti temi abbiamo posizioni simili. Sono aperta alla discussione (…). Quando si è uniti, senza dubbio, si è più forti”, ha spiegato. Il leader del partito Debout La France (“Alzati Francia” ndr) ha recentemente dichiarato a proposito del FN: “Siamo complementari piuttosto che concorrenti”.

@arthasastra85

ALLA RICERCA DELLA RIPRESA PERDUTA

Espana crisis

Con i rendimenti dei titoli italiani e spagnoli ai minimi storici (così come lo sono gli spread, anch’essi a livelli mimini da record) qualcuno può asserire che “in Europa è tutt’apposto, Draghi non ha bisogno di lanciare il Quantitative Easing, e anche le previsioni meteo sono ottimistiche”. Tutto questo sarebbe molto bello, se non fosse per il fatto che le cose non stanno esattamente così… C’è un sistema sistema bancario ormai sempre più incollato alla moda del mercato delle obbligazioni sovrane, ma forse, per quelli che stanno acquistando titoli italiani e spagnoli, non è abbastanza vedere il record di disoccupazione, il record di insolvenze, e il record della mancanza di creazione di credito.

La seguente tabella mostra come i prezzi delle case spagnole e italiane stiano crollando inesorabilmente (..insieme alla piccola Cipro)

Euro Area Annual Change Price

(La Grecia nemmeno la contano più…)

Come notato da Niraj Shah di Bloomberg Brief, il prezzo annuale delle abitazioni è sceso dello 1.4% nell’ultimo trimestre del 2013 , in quanto i valori sono scesi nelle maggiori economie.

I prezzi delle case è sceso nella metà dei 14 paesi riportati nei dati:

• Per la Germania Eurostat ha usato dati della BCE non ufficiali, quindi non c’è.

• Cipro e Spagna hanno il declino maggiore, con il crollo del 9.4% di Cipro e del 6.3% per la Spagna.

• Estonia ed Irlanda invece hanno registrato gli aumenti di valori più elevati.

L’Italia ha visto il valore delle sue abitazioni scendere del 5% e va a collocarsi nella zona più buia dopo i peggiori, in questa “unione” europea che mostra sempre di più la sua logica da branco dei lupi

Ma la ripresa sta arrivando da un momento all’altro, abbiate fiducia……

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LA BCE HA UN BAZOOKA DA UN TRILLIONE DI EURO CHE NON SA NEMMENO COME USARE

..è la Grecia, ma non è che in Italia manchino paesaggi simili

Via QuartzNel weekend si è discusso della possibilità che la Banca Centrale Europea stia preparando un nuovo round di stimoli per l’economia, che avranno l’obiettivo di tirare l’eurozona fuori dalla sua biascicante economia: una combinazione di crescita debole, inflazione calante e valore della moneta troppo forte sta causando forti mal di testa ai responsabili della politica. A tal fine, l’ultimo indicatore della salute dell’eurozona, il report sullo stato della produzione industriale, è frustrante e inconcludente.

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WHEN BAGNAI GOES TO FRANCE

Paris monuments

Venerdì 14 febbraio il Prof. Bagnai è stato invitato dal CEPN  (Centre d’Economie de l’Universitè Paris Nord) al Seminario CEPN-MIAP nel quale ha avuto modo di illustrare alla platea (costituita peraltro da parecchi lettori del blog “esiliati” in Francia) accademica francese i temi racchiusi nel suo libro “Il Tramonto dell’Euro”. Assieme al Prof. Bagnai è stato anche invitato l’economista e storico francese Paul Boccara (accompagnato da moglie e figlio anch’egli, pare, economista), di area marxista ma decisamente scettico circa il ritorno degli Stati europei alla sovranità monetaria.

L’occasione sembrava comunque valida per sondare un po’ il clima intellettuale che circonda la sinistra (antagonista) francese. La speranza era di vedere un superamento delle linee ideologiche che fino ad oggi hanno intrappolato i dirigenti della sinistra italiana in un sentiero senza via d’uscita ma purtroppo questo desiderio e’ rimasto disatteso nei fatti.

Sebbene infatti l’orazione del Prof. Bagnai abbia esaurientemente toccato tutti i punti della sua attività divulgativa, e che i lettori del suo blog conoscono già ampiamente, il dibattito che ne è seguito non ha per nulla fatto tesoro degli importanti temi sollevati.

La replica di Boccara ha infatti fatto sfoggio delle migliori armi della retorica PUDE iniziando ad elencare le calamità, iniziando dal costo del petrolio 7 volte 7 per passare alla svalutazione dei risparmi e finendo con l’inflazione a due cifre, che si verificherebbero in caso di uscita di un paese dall’Eurozona.

Tralasciando queste obiezioni prive di alcun supporto scientifico che persino nel nostro disastrato panorama mediatico stanno avendo sempre meno spazio, ciò che ha sorpreso nella difesa dell’Euro da parte di questi eredi di Marx, ed a differenza della supina sudditanza inclusa nelle apologie nostrane, è stata la visione di utilizzare l’Euro quale mezzo per poter agire in ambito internazionale sulle fondamenta del sistema monetario. La grandeur francese avrebbe ritrovato linfa, sempre secondo l’opinione di questi seguaci del Fronte de Gauche, nell’aspirazione di rendere l’Euro la valuta di riserva mondiale a spese del dollaro. Per far ciò, a loro dire, il primo passo necessario dovrebbe essere intervenire sui poteri della BCE. Essa dovrebbe poter garantire il debito pubblico di tutti gli Stati dell’Eurozona e, non solo, operare attraverso interventi “regionali” mirati in favore delle aree economicamente più arretrate.

Non sono state risparmiate neppure critiche all’impianto teorico del “Tramonto dell’Euro” il quale non fornirebbe soluzioni macroeconomiche alternative e successive alla disgregazione del’area monetaria comune, dimenticando pertanto, in questo ambito, tutta la parte del libro dedicata alla trattazione dell’external compact quale misura economica atta a consentire il pareggio del saldo delle partite correnti a livello internazionale.

Tuttavia, come abbiamo detto, più che lo stretto merito delle questioni affrontate, ciò che ancora una volta ha sorpreso è stato cogliere il totale disorientamento, sempre escludendo in partenza la malafede, dell’area politica che più di tutte dovrebbe avere a cuore la risoluzione di questa crisi sistemica in favore del ceto dei lavoratori. Al contrario, di fronte ad un accademico dichiaratamente progressista, Boccara e compagni hanno reagito violentemente a difesa della moneta unica scadendo persino in provocazioni del tutto inaspettate.

A distanza di una settimana, il venerdi successivo è andato in scena un altro dibattito (Quel avenir pour l’Europe?), questa volta all’Universitè de Rouen, dai toni decisamente più distesi e dal confronto, al netto delle posizioni degli intervenuti, molto più costruttivo.

Sono stati invitati a partecipare, oltre al Prof. Bagnai, Jean Paul Gauzès (jeanpaulgauzes.com), Parlamentare Europeo dell’UMP e Coordinatore della Commissione degli Affari Economici e Finanziari al Parlamento Europeo e Bernard Deladerrière, Vice-Presidente del Movimento Europeo Francese ed Incaricato per le Relazioni Internazionali.

In questo caso il dibattito non si è sviluppato attraverso lunghi monologhi degli invitati. Il contraddittorio è stato invece formulato per via dell’analisi delle varie cause passate, presenti e future della crisi dell’Eurozona ed ognuno dei conferenzieri ha fornito la propria chiave interpretativa. Gauzès e Deladerrière si sono mantenuti su posizioni di stretta ortodossia europeista sebbene il primo, contrariamente a quanto affermato da Deladerrière, abbia dedicato gran parte dei suoi interventi all’autocritica, essendo stato testimone oculare, delle misure predisposte dalla Commissione Europea per risolvere la crisi del debito sopratutto in relazione alla mancata tempestività nella ricerca delle soluzioni. Sulla base di queste premesse si è poi spinto ad affermare, imbeccato dalle uscite del Prof. Bagnai, che qualora gli assetti politico-istituzionali non dovessero cambiare, sarebbe molto difficile per la Francia reggere a lungo nell’attuale contesto macroeconomico.

Riassumendo, avendo avuto l’opportunità in questi due dibattiti di osservare gli umori della classe politica ed intellettuale francese, sembrerebbe di poter dire che, a destra come a sinistra, il superamento di basi concettuali strettamente fedeli al paradigma europeo (cit. Gauzès non “più Europa” ma “un’Europa migliore”) sia al momento da escludere; tuttavia  ci sono alcune sfumature che vanno sottolineate e che permettono di tracciare qualche demarcazione rispetto al panorama italiano. Per ciò che concerne la sinistra va detto che la fiducia nella moneta unica è totale sia un paese che nell’altro; in Francia però pare esserci radicata la convinzione che questa sia un utile strumento con il quale teorizzare l’ascesa del proletariato e, parallelamente, la preminenza della Francia all’interno del contesto politico internazionale: paradossalmente, vista l’irreale prospettiva storico-politica di queste intenzioni, un programma che si pone per assurdità un gradino ancora più in basso al confronto della bovina accettazione dei diktat europei da parte dei politici progressisti italiani. Più pragmatica è sembrata invece la versione dei popolari francesi, ovvero lealtà, in questo caso, all’alleanza con i tedeschi e condivisione del progetto di integrazione europeo ma non al prezzo di compromettere del tutto l’integrità economica e finanziaria transalpina. Ed in questo senso i nostri cugini francesi paiono aver di certo più le carte in regola per giocare una vera trattativa ad un ipotetico tavolo negoziale coi tedeschi; ben diverso dalle rare ed al momento stesso spesso contraddittorie sparate di Silvio Berlusconi sulla dannosità dell’Euro per il sistema economico italiano.

Qui di seguito forniamo, così come fatto lungo i paragrafi di questo contributo, i video (in francese) relativi ai due dibattiti.

Postato da @arthasatra85

KAPPADIPICCHE AL CONVEGNO “MORIRE PER L’EURO”

In un giorno storico per gli attivisti Anti-Euro, la testimonianza del nostro inviato a Bruxelles

babele

Kappadipicche è rimpatriato nella sua terra natia. La prima trasferta europea del giovane blog si è conclusa da poco ed è difficile sintetizzare in poche parole l’impagabile sensazione di vedere i nostri beniamini, all’inizio ignorati, poi vituperati e ora, incredibilmente ma comprensibilmente, corteggiati esibirsi nel più impensabile dei luoghi: la sede del Parlamento Europeo a Bruxelles.

Ci preme sottolineare anche l’importanza che questo evento ha rivestito per coloro che, da oramai due anni, conducono incessantemente una battaglia di verità al fine di includere il tema dell’Euro all’interno del dibattito politico italiano. Molte le facce, al termine del convegno organizzato dall’On. Magdi Cristiano Allam e patrocinato dal gruppo parlamentare “Europa per la Libertà e la Democrazia” (ELD), visibilmente soddisfatte dalle argomentazioni dei relatori intervenuti: Alberto Bagnai, Claudio Borghi ed Antonio Maria Rinaldi.

parlamento

Claudio Borghi e Alberto Bagnai sono stati i primi economisti in Italia a denunciare i pericoli causati dall’ingresso e dall’ostinata permanenza dell’Italia nell’Unione Monetaria Europea e, fino ad ora, ogni loro previsione si è dimostrata puntualmente confermata dai fatti. Al convegno di Bruxelles ha partecipato anche Antonio Maria Rinaldi, altro economista anti-Euro della prima ora.

specchio

Il Pre-convegno

L’impatto con i palazzi istituzionali è stato ammorbidito da questo “gentile” messaggio dell’On. Martin Schulz (foto qui sotto), Presidente del Parlamento Europeo. Una volta entrati, precedentemente all’inizio del convegno, è stato possibile assistere ad una breve introduzione sui ruoli e le funzioni degli organi comunitari. Il funzionario, non esattamente a proprio agio considerata la platea di euroscettici, si è concentrato, durante la sua spiegazione, sull’evoluzione dei poteri legislativi attribuiti al Parlamento Europeo. L’organo, istituito dal Trattato di Roma del 1951, ha le sue due sedi a Bruxelles, dove si tengono le sessioni ordinarie, e a Strasburgo, dove si svolge, una volta al mese, la seduta plenaria. Inizialmente il Parlamento Europeo era dotato di meri poteri consultivi nei confronti dell’altro organo legislativo della Comunità Europea, il Consiglio. Ciò ha rappresentato un grave deficit democratico all’interno dell’assetto istituzionale e il processo di integrazione politico-economico europeo ha cercato, ad iniziare dal “Progetto Spinelli”, di ovviare a questa problematica attraverso l’ampliamento dei poteri attribuiti al Parlamento stesso. Oggi, successivamente all’entrata in vigore del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, il Parlamento Europeo si può ritenere il co-legislatore delle norme emanate all’interno del perimetro comunitario, unitamente al Consiglio dell’Unione Europea. Non solo: al Parlamento esso verrà attribuito, a partire dalle elezioni europee del 2014, il potere di proporre i propri candidati per la composizione della Commissione Europea. Tali nomine, fino ad oggi, erano di competenza esclusiva del Consiglio dell’Unione Europea. In questo ambiente si è inserita la domanda del Prof. Bagnai che ha posto un interrogativo sostanziale relativo alla gerarchia tra i due organi, riguardante la possibilità del Parlamento di poter sfiduciare la Commissione Europea. La risposta è stata quasi sorprendente: il Parlamento ha sì il potere di promuovere la sfiducia della Commissione, ma ciò non è mai avvenuto!: L’unico caso ricordato, le dimissioni della Commissione Santer (della quale faceva parte anche Mario Monti) furono presentate spontaneamente dai propri membri senza necessità di attivare il meccanismo della sfiducia. La conclusione cui si giunge è che, a livello potenziale, il deficit democratico delle istituzioni comunitarie è de facto meno grave di quanto comunemente percepito. Il punto nevralgico della questione riguardante l’azione politica delle istituzioni comunitarie non è quindi la loro origine più o meno democratica ma al contrario, l’ideologia ed i valori in osservanza dei quali esse assumono le decisioni ,  I rappresentanti politici attualmente hanno risposto agli shock economici esterni attraverso il taglio dei salari, soprattutto quelli dei ceti più bassi. Agendo in questo modo i governi nazionali perderanno sempre più consenso, causando pertanto o svolte autoritarie o il crollo del sistema (per migliori info visualizzare l’intervento del Prof. Bagnai nel video qui in allegato).

Shultz

IL CONVEGNO

 Il convegno si è svolto di fronte ad una sala gremita di partecipanti attenti e provenienti non solo dall’Italia, incentivati in questo anche dalla possibilità di usufruire del servizio di traduzione simultanea, offerto in più di cinque lingue.

 L’intervento di Allam

La prolusione iniziale è stata affidata all’On. Allam che si è premurato di fare gli onori di casa e di introdurre il tema del convegno: “Morire per l’Euro?”. Allam si fregia del vanto di essere stato l’unico politico che si è presentato ultime elezioni italiane inserendo all’interno del programma del suo movimento politico “Io Amo l’Italia” la necessità per l’Italia di abbandonare seduta stante l’Euro e di recuperare conseguentemente la propria sovranità monetaria. Lo Stato infatti, sostiene Allam, in conseguenza dell’osservanza dei parametri economici imposti da Bruxelles, è diventato il principale debitore delle imprese italiane, che chiudono non solo per debiti ma in molti casi anche per crediti. E’ necessario quindi a suo dire fare chiarezza, oltrepassando la cortina di fumo rappresentata dall’incestuoso intreccio di potere tra finanza, economia e mezzi di comunicazione di massa. Per fare ciò è indispensabile mettere da parte le ideologie e rappresentare i fatti per ciò che sono realmente, con l’obiettivo di costruire un fronte per la sovranità da contrapporre alle prossime elezioni europee a quello della Troika e dei finti Stati Uniti d’Europa.

L’intervento di Claudio Borghi Aquilini

Claudio Borghi ha focalizzato il suo intervento su tre argomenti:

  1. le analogie storiche sugli squilibri commerciali causati dall’adesione allo SME e all’Euro,
  2. l’evoluzione della bilancia dei pagamenti dei paesi dell’Eurozona
  3. la maggiore libertà che paesi con sovranità monetaria, quali la Gran Bretagna, hanno avuto nel 2008 per reagire alla crisi.

Lo SME è stato il vero antesignano dell’Euro e, di fatti, al primo shock petrolifero saltò, obbligando gli Stati a lasciare fluttuare i cambi liberamente. Per molti Paesi, tra cui l’Italia, ciò comportò una razionale svalutazione. Era evidente che l’impegno dei paesi più deboli a rispettare tassi di cambio troppo rigorosi avrebbe causato una perdita di competitività dei propri prodotti, generando deficit delle partite correnti e una posizione debitoria sui conti esteri. Tuttavia, gli Stati avevano potuto evitare crisi troppo prolungate avendo ancora in funzione le rispettive banche centrali. Con l’Euro ciò è divenuto impossibile: il vincolo del cambio è stato ulteriormente irrigidito attraverso l’adozione di una moneta unica e il contestuale potere di emetterla ad un’istituzione indipendente, la BCE. Al momento dello scoppio della crisi, nel 2008, la Gran Bretagna ha svalutato la sterlina del 30%, permettendo quindi alla propria economia, fondata prevalentemente sui servizi bancari ed assicurativi, di reggere il peso della crisi; al contrario, nell’Eurozona, le misure di riequilibrio macroeconomiche sono state predisposte ad esclusivo beneficio dei paesi creditori del nord, aggravando ulteriormente la posizione dei paesi debitori e, come nel caso dell’Italia, impegnandoli a pesantissimi impegni finanziari per debiti che non avevano.

L’intervento di Antonio Maria Rinaldi

A questo tema si è riallacciato il discorso di Antonio Maria Rinaldi: quanto imposto all’Italia a livello politico ed economico è, a suo dire, vergognoso ed il suo discorso ha assunto a tratti veri e propri toni da invettiva. L’introduzione dell’Euro a livello giuridico è da ritenersi completamente illegittima non essendosi basata sull’applicazione di quanto previsto nei Trattati bensì attraverso quanto disciplinato dal Regolamento no. 1466/97. A partire da questo esempio, egli ha criticato l’intera architettura politica europea e l’applicazione distorta dei Trattati, favorita dalla supina accettazione da parte dei rappresentanti politici italiani, a partire dal rapporto deficit/PIL del 3%, fatto rispettare come un totem senza tenere conto delle ipotesi derogatorie offerte dai Trattati in presenza di determinate circostanze economiche eccezionali.

La mancanza di solidarietà e mutualità ha reso possibile che la moneta, da principale elemento di coesione, si sia trasformata nel motivo di maggior contrasto nell’Unione Europa; “non sono riusciti ad uniformare le spine elettriche, figuriamoci l’IVA!” è stata la sua chiosa.

L’intervento di Alberto Bagnai

L’ultimo intervento, quello di Alberto Bagnai, è stato sicuramente il più tecnico dei tre. Le argomentazioni e i dati esposti sono stati davvero tanti ed hanno avuto quali basi fondamentali i due presupposti alla base della sua opera di divulgazione: ovvero che la crisi dell’Euro è una crisi di debito privato e che lo scopo perseguito dall’attuale potere economico è la compressione dei salari e dei diritti dei lavoratori.

Gli squilibri commerciali esposti da Claudio Borghi sono stati finanziati interamente attraverso l’utilizzo del debito privato (anche il membro del board BCE Vitor Constancio lo ha ammesso) e le banche finanziatrici appartenevano ai medesimi paesi dai quali provenivano i prodotti acquistati. In questo senso l’esposizione del settore bancario dei Paesi del nord verso i Paesi del sud nei dieci anni di unione monetaria è quintuplicata. I Paesi sono stati drogati dal debito privato e non dalla spesa pubblica.

Anche la spesa pubblica primaria dell’Italia è infatti sempre stata in linea con quella degli altri Paesi UE. Anzi, proprio nei primi anni dell’Euro i Paesi c.d. “virtuosi” hanno avuto maggiore spesa pubblica degli altri.

Ora, per diventare più competitivi non serve ridurre il costo del lavoro e la spesa pubblica perché la domanda aggregata rappresenta un elemento fondamentale del PIL senza la quale è impossibile riattivare virtuosamente il ciclo economico. Se la reprimi, produci insolvenze. La Germania, che durante gli anni dell’Euro ha represso la quota salari dei suoi lavoratori dell’8%, ha risolto il problema della domanda di beni utilizzando il consumo a debito degli abitanti degli altri Paesi dell’Eurozona.

Tutto ciò era già stato previsto dalla teoria economica: i tassi di interesse bassi per via dell’unione monetaria con Paesi economicamente più forti avrebbero permesso agli squilibri commerciali dei Paesi più deboli di passare sotto traccia: essi erano infatti “credibili”. Da qui il sovra-indebitamento dei Paesi deboli e la conseguente sovra-esposizione delle banche dei Paesi del nord nei confronti dei primi. Tra i tanti luoghi comuni annoveriamo anche quello che sostiene che gli Stati membri virtuosi abbiano aumentato il tasso di investimento all’interno dei confini nazionali. Al contrario, gli investimenti, incentivati dalla libera circolazione dei capitali favorita dall’Euro, sono andati a finanziare i consumi all’estero. Anche qui la Germania offre un perfetto esempio della conferma di questa teoria, essendo la nazione che ha il più basso tasso di investimento in Europa (addirittura inferiore a quello Greco) e il tasso di esposizione bancaria verso l’estero più alto.

Rebus sic stantibus, l’unica soluzione realistica offerta dalla teoria economica per riacquisire competitività è smantellare l’Eurozona, per motivi sia di breve che di lungo termine. I livelli di indebitamento hanno raggiunto infatti i livelli della fine della seconda guerra mondiale. A quei tempi la regolamentazione dei mercati finanziari e un’equa redistribuzione delle risorse produttive permisero una buona correlazione tra debito e crescita nei trent’anni successivi. Se non si facesse ciò, la crisi dell’Euro trascinerà dentro di sé anche l’Unione Europea.

La presenza dei media

Ottima anche la risposta dei media, incuriositi da un appuntamento così atipico rispetto alla solita scaletta di eventi: si sono viste, incredibile auditu, le telecamere ed i microfoni della RAI nelle vesti del TGI e del talk-show di Rai Due Virus il quale questo venerdì dovrebbe mandare in onda un servizio proprio sul convegno. E’ capitato spesso, durante l’esposizione delle varie relazioni, che i relatori fossero letteralmente strappati dalla loro poltrona per uscire dalla sala e prestarsi alle incessanti richieste dei giornalisti accorsi. Molti inviati di importanti testate editoriali erano presenti, tra le quali Libero Quotidiano ed Il Giornale.

              Il post-convegno

I momenti successivi alla fine del convegno hanno rappresentato l’occasione per confrontarsi tra gli invitati ospiti di Magdi Allam, assistito da un ottimo staff che ha predisposto un’organizzazione impeccabile. E’ stato un modo per scoprire ancora una volta l’innumerevole quantità di persone volenterose, orgogliose e ottimiste circa il futuro del nostro paese (ottimiste, ovviamente non nello stesso senso che intende Renzi, NDR).

Considerazioni finali

Speriamo di avervi offerto una prospettiva dettagliata e puntuale di quanto accaduto Martedì a Bruxelles. Vi vogliamo lasciare con questa immagine che ritrae le bandiere degli Stati membri dell’Unione Europea disposte ordinatamente in fila. Questo vorremmo fosse metaforicamente l’avvenire del nostro continente: uno spazio geopolitico d‘incontro, confronto e integrazione tra culture e nazioni sovrane e indipendenti, spinte all’unità dal desiderio di cooperazione economica e politica. La moneta unica, per ora, lasciamola da parte!

 bandiere

LA FRANCIA DETTA L’AGENDA POLITICA EUROPEA. L’ITALIA RESTA A GUARDARE.

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In questo nuovo contributo abbiamo deciso di occuparci della situazione francese e, in special modo, delle nuove istanze sovraniste ed anti-euro germogliate all’interno del movimento popolare di ispirazione gollista UMP (per intenderci, il partito di Sarkozy). Infatti, fino ad oggi era stata importata dai nostri mezzi di informazione la visione che in Francia, fatto salvo il Front National, nessun altro movimento avesse messo in discussione ed al contempo rifiutato l’adesione della Francia all’Euro ed alla stessa UE.

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ESSI DICEVANO: UN PISANO ECCELLENTE E LA PRIMA CLASSE.

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[…] Come ha dormito stanotte?, gli chiese il dottor Cardoso. Bene, rispose Pereira, però ho letto fino a tardi, ho con me un libro di Alphonse Daudet, le piace Daudet? Lo conosco male, confessò il dottor Cardoso. Ho pensato di tradurre un racconto dei Contes du lundi, vorrei pubblicarlo sul “Lisboa”, disse Pereira. Me lo racconti, disse il dottor Cardoso. Beh, disse Pereira, si chiama La dernière classe, parla di un maestro di un villaggio francese in Alsazia, i suoi allievi sono figli di contadini, poveri ragazzi che devono lavorare nei campi e che disertano le lezioni, e il maestro è disperato. Pereira fece qualche passo in avanti in modo che l’acqua non gli entrasse in bocca. E infine, continuò, si arriva all’ultimo giorno di scuola, la guerra franco-prussiana è finita, il maestro aspetta senza speranza che arrivi qualche allievo, e invece arrivano tutti gli uomini del paese, i contadini, i vecchi del villaggio, che vengono a rendere omaggio al maestro francese in partenza, perché sanno che l‘indomani il loro suolo sarà occupato dai tedeschi, allora il maestro scrive sulla lavagna “Viva la Francia”, e se ne va così, con le lacrime agli occhi, lasciando nell’aula una grande commozione. Pereira si tolse due lunghe alghe dalle braccia e chiese: che ne dice, dottor Cardoso bello, rispose il dottor Cardoso, ma non so se oggi in Portogallo sarò apprezzato leggere “Viva la Francia”, visto i tempi che corrono, chissà che lei non stia dando spazio al suo nuovo io egemone. Ma che dice, dottor Cardoso, disse Pereira, questo è un racconto dell’Ottocento, è acqua passata. Sì, disse il dottor Cardoso, ma anche così è pur sempre un racconto contro la Germania, e la Germania non si tocca in un paese come il nostro, ha visto come è stato imposto il saluto alle manifestazioni ufficiali, salutano tutti con il braccio teso, come i nazisti. Vedremo, disse Pereira […]

Estratto da Sostiene Pereira, di Antonio Tabucchi.

Postato da: @Spud85